Il caso Silvian Heach: una retrospettiva complottista

Una signora entra in un negozio, il Silvian Heach, presso la Reggia Outlet di Marcianise (NA) e comincia a lamentarsi, i toni si alzano e il tutto diventa una tipica sceneggiata alla napoletana. Una persona riprende la scena e il video diventa in pochissimo tempo virale. Il web ride del grottesco della situazione. Ma se tutto questo fosse un’idea di marketing?

Proviamo ad analizzare, a calarci nei “complottisti” della situazione – un’esercizio mentale che, a mio parere, ogni esperto del marketing dovrebbe fare – a metterci nei panni di Silvian Heach Arav Fashion Spa, una piccola azienda di capi localizzata a Nola (NA).

I social di Silvian Heach

 

La comunicazione sui social non decolla, apparendo piuttosto standard e mancando del sufficente budget per la sponsorizzazione e  l’engagement rate sotto all’1%. Se vediamo anche che in teoria sono presenti su ogni social media possibile è ovvio che la strategia (se c’è ne è una) non sta funzionando.

Nell’ufficio di marketing dell’azienda o dell’agenzia che la segue (più probabile la seconda) hanno un lampo di genio: sfruttiamo il lato black del web, prendiamo una cliente insoddisfatta, paghiamola per fare una sceneggiata tipica del nostro target, facciamo postare il video sui social, prepariamo un spot ironico sempre lato black di risposta e creiamo una campagna sul nostro e-commerce con l’hashtag che andrà più di moda.

La campagna #PELLICCETTE è un successo, Google Trends impazzisce, le visite all’e-commerce aumentano vertiginosamente e l’inverno è salvo – sicuri che ci dimenticheremo presto della faccenda. Nel frattempo, la signora si sta facendo la sua fama, presentandosi da Barbara d’Urso e partecipando a serate nelle discoteche napoletane più conosciute.

Una lezione importante di marketing che ho imparato dalla vicenda

 

Sono sincero: non penso che tutto questo sia stato veramente organizzato. Penso però che dietro ci sia una buona risposta di marketing, veloce e precisa, un po’ di sfruttamento della situazione da entrambe le parti e un po’ di magna magna. Ma la risposta dell’azienda è stata perfetta: in target, veloce e precisa.

Questo caso tipicamente all’italiana mi ha dato da pensare sul vero scopo del marketing – insieme a tanti altri casi che noto soprattutto al sud Italia. A molti del settore piace pensare alle regole della pubblicità, a modi quasi chirurgici di crearla, alle regole da seguire, sia etiche che tecniche che creative, ed è vero, nelle maggiorparte dei casi bisogna fare così.

Eppure, insistendo su questi concetti, ci scordiamo spesso che il target di cui parliamo è fatto di persone, che prendono in giro e si mettono al centro della scena, da una parte, come nel caso della signora che ha fatto la sceneggiata, evocando un’ignoranza abissale contro cui spesso ci sentiamo quasi dei don Chischotte, investiti di una giusta etica della pubblicità che vede la parte creativa come parte imprescindibile di questo lavoro; ma dall’altra non ci resta che notare che certe volte il successo di un prodotto sfugge alle regole convenzionali, alle regole algoritmiche e ai contenuti creati ad hoc. Che il buon marketing è spesso improvvisato, spontaneo e in questo modo il più creativo possibile.

 

Uscire dalle regole del social media marketing e dell’imperativo algoritmico ci potrebbe aiutare a riabbracciare quello che era una volta il web: un posto pieno di humor, anti-convenzionalità e tanta internazionale leggerezza.

 

Con questo evento, mi sono ricordato che prima delle regole, dei post creati al contagocce, esistono le reazioni delle persone. E’ probabile che, passato quest’inverno e finita la campagna, di Silvian Heach non sentiremo parlare più, la signora sarà finita sullo sfondo e Barbara d’Urso passerà ad un altro mostro del momento. Eppure noi non dovremmo dimenticarci di questo episodio: il grottesco e il marketing in Italia vanno di pari passo.